Misurazione della pressione in farmacia: normativa, controversie e prospettive future

La misurazione della pressione arteriosa è un servizio ormai diffuso nelle farmacie italiane, con campagne nazionali di screening che coinvolgono migliaia di esercizi in tutto il Paese. Tuttavia, questa pratica non è sempre stata priva di polemiche. In passato si è dibattuto a lungo su chi potesse effettuarla legalmente e dove, rendendo necessari interventi normativi e giudiziari per chiarire la situazione.
Di seguito analizziamo l’evoluzione della normativa, i conflitti emersi, le sentenze che hanno fatto luce sulla questione, nonché le reazioni del settore farmaceutico e l’eco mediatica che hanno accompagnato questa vicenda.
Evoluzione normativa della “farmacia dei servizi”
Tradizionalmente, il farmacista era limitato alla dispensazione di farmaci e prodotti sanitari, con un divieto storico di sovrapposizione tra la sua attività e quella del medico. Già un Regio Decreto del 1934 imponeva infatti una rigorosa separazione: ai medici era vietato operare in farmacia e ai farmacisti era precluso svolgere mansioni proprie del medico (diagnosi, prescrizioni, ambulatori annessi).
Lo scopo era evitare conflitti di interesse e tutelare il paziente da possibili abusi. In tale contesto, attività di semplice controllo come la misurazione della pressione sanguigna non erano esplicitamente normate: venivano spesso effettuate in maniera informale come servizio di cortesia al cittadino, senza un quadro legislativo chiaro.
Un parere tecnico del 2007 sottolineava che rilevare la pressione con apparecchi automatici non costituiva atto medico e poteva avvenire in qualsiasi struttura (farmacia o parafarmacia) in modo lecito, trattandosi di operazione non riservata in esclusiva a una professione sanitaria.
Una svolta decisiva si è avuta con la riforma della “farmacia dei servizi”. L’art. 11 della legge 69/2009 delegò il Governo a individuare nuovi servizi erogabili dalle farmacie, e il D.Lgs. 153/2009 attuò questa delega, ampliando in modo significativo le competenze delle farmacie.
Da allora le farmacie, oltre alla dispensazione di medicinali, possono offrire “prestazioni di primo livello” di carattere sanitario. Tra queste rientrano:
- Test autodiagnostici di base (come glicemia, colesterolo, trigliceridi tramite prelievo capillare).
- Servizi di consulenza e iniziative di prevenzione ed educazione sanitaria.
- Controlli di salute, come la misurazione della pressione arteriosa, la rilevazione dell’ossigenazione del sangue o la spirometria.
Tali attività non richiedono ricetta medica e sono volte a potenziare il ruolo della farmacia come presidio di screening sul territorio.
Per regolamentare in concreto queste prestazioni, il Ministero della Salute emanò il D.M. 16 dicembre 2010, che fissava paletti importanti. In particolare, si stabilì che i test di autoanalisi e i controlli di salute fossero effettuati “presso le farmacie territoriali pubbliche o private”, disponendo quindi che avvenissero all’interno dei locali della farmacia stessa.
Il decreto richiedeva inoltre l’allestimento di “spazi dedicati e separati” per garantire riservatezza e adeguatezza degli ambienti, pur precisando il divieto di eseguire pratiche invasive come prelievi venosi, riservati al personale medico-infermieristico. Questa formalizzazione diede legittimità alla misurazione della pressione in farmacia, inserendola tra i servizi ufficialmente consentiti, ma al contempo definì limiti strutturali precisi.
Negli anni seguenti, ulteriori interventi normativi hanno ampliato il ruolo sociosanitario delle farmacie. La legge di bilancio 2018 ha finanziato progetti per erogare nelle farmacie alcune prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale, seppur demandando ad accordi successivi la definizione di quali servizi includere.
L’emergenza Covid-19 ha accelerato questa evoluzione: nel 2020-21 alle farmacie è stato consentito di eseguire tamponi rapidi e vaccinazioni direttamente nei propri locali, con rimborso pubblico. Tali misure – adottate per far fronte alla crisi sanitaria – hanno di fatto confermato la tendenza verso una farmacia sempre più integrata nel sistema di assistenza di base, andando oltre i confini tradizionali.
Le controversie e l’intervento della magistratura
L’ampliamento delle attività in farmacia non è avvenuto senza attriti. Misurare la pressione arteriosa può sembrare un gesto semplice e innocuo, ma nel contesto italiano ha sollevato questioni di principio su competenze e autorizzazioni.
In particolare, una delle prime controversie riguardò il luogo in cui poteva essere svolto questo servizio. Nel 2011 una farmacista pugliese organizzò controlli pressori e autoanalisi in un locale adiacente ma separato dalla farmacia, per offrire maggiore comodità ai clienti.
Il Sindaco intervenne diffidandola dal proseguire, ritenendo che stesse di fatto aprendo un “mini-ambulatorio” non autorizzato fuori dalla sede farmaceutica. La vicenda approdò in tribunale e nel 2012 il TAR Puglia confermò che le prestazioni analitiche di prima istanza e la misurazione della pressione devono svolgersi all’interno della farmacia, e non in locali esterni distanti da essa.
Un altro fronte di dibattito legale riguardò la presenza di professionisti sanitari (diversi dal farmacista) in farmacia per svolgere determinati servizi. Ad esempio, alcune farmacie avviarono collaborazioni con infermieri per effettuare vaccinazioni o con tecnici per screening dell’udito.
Ciò incontrò la resistenza di chi invocava il vecchio divieto di commistione di ruoli. Tuttavia, nel 2017, il Consiglio di Stato ha chiarito che il divieto non impedisce che un operatore sanitario eserciti la propria attività in farmacia, purché sia garantita la separazione tra la dispensazione di farmaci e le attività sanitarie.
La reazione dei farmacisti e del settore
Il settore farmaceutico ha accolto positivamente la possibilità di offrire servizi come la misurazione della pressione, considerandola un’evoluzione naturale della professione. Le associazioni di categoria, come Federfarma, hanno promosso campagne nazionali di screening per sensibilizzare i cittadini sull’ipertensione e sul ruolo del farmacista nella prevenzione.
Alcune critiche mediatiche hanno sollevato dubbi sull’affidabilità di test e misurazioni in farmacia, ma le rappresentanze dei farmacisti hanno ribattuto evidenziando il rigore scientifico con cui vengono effettuati i controlli.
Conclusione
La misurazione della pressione in farmacia è passata dall’essere un gesto di cortesia tollerato ma non normato, al diventare un tassello importante delle strategie di prevenzione sanitaria sul territorio.
Questo percorso ha visto controversie legali, interventi della magistratura e dibattiti mediatici, ma oggi, grazie a un quadro normativo più chiaro e all’esperienza maturata, il controllo della pressione in farmacia è generalmente accettato e incoraggiato come misura di prevenzione di primo livello.
Le farmacie italiane stanno evolvendo da semplici dispensari di medicinali a presìdi sanitari polifunzionali, integrati nel Servizio Sanitario Nazionale a beneficio della collettività.