marketing-farmacia-vincente

Solo perché non vedi qualcosa,

non significa che non esista

 

Ieri parlavo con una collega che mi ha interpellato perché voleva sapere se era miglior cosa acquistare una farmacia oppure propendere per l’apertura di una parafarmacia. Ovviamente abbiamo analizzato tutte le diverse possibilità e prospettive, bilanci e occasioni, che adesso non sarebbe nemmeno interessante elencarvi.

Però, ciò che invece mi preme segnalarvi in questo nostro confronto, è solo una considerazione sulla quale ho invitato la dottoressa a riflettere. In pratica, alla fine di tutti i nostri discorsi, le ho detto: in ogni caso, ora come ora, mi sentirei di proporti la parafarmacia, purché però tu non la apra con la mentalità da farmacista. Se guardi, oggi le parafarmacie non sono altro che farmacie “a mezzo servizio”, perché mancanti del farmaco da prescrizione, quando invece è proprio questa loro condizione che consentirebbe infiniti nuovi spiragli di lavoro.

Oggi le parafarmacie mettono ancora in primo piano la proposta di prodotti, lottano su questioni di offerta commerciale, arredano i locali per evidenziare merce. In pratica, a mio avviso, stanno sbagliando il loro piano di confronto concorrenziale, e perché? Perché sono aperte da farmacisti, con la mentalità da farmacista, senza una prospettiva imprenditoriale alternativa.

La realtà è che possiamo vedere tante cose ma non hanno alcuna importanza se perdiamo di vista ciò che realmente vogliamo vedere.

Quindi, ti consiglio di scegliere l’apertura di una parafarmacia a condizione che dimentichi di essere farmacista e rinunci alla semplice vendita del solo prodotto. Così ho terminato il nostro incontro.

Noi farmacisti siamo ritenuti una casta e invece siamo solo una categoria di professionisti che, fino a poco tempo fa, ha indubbiamente ottenuto privilegi derivanti da un esercizio di attività in concessione. Questa nostra situazione ha portato quindi a indubbi vantaggi ma anche a molti svantaggi, tra i quali la non abitudine a soffrire, la non abitudine a competere e la non abitudine a fare squadra…o casta se preferite. Fare casta significa essere forti politicamente, significa interagire tra noi per ottenere vantaggi di categoria, significa saper proteggere i propri interessi con azioni coordinate, significa saper approfittare di posizioni forti per mantenerle tali.

Ho partecipato a tentativi di formazione di gruppi, sono stato in libere associazioni di categoria, ho prodotto un’infinità di proposte per cercare un’aggregazione tra colleghi; oggi onestamente ho un po’ lanciato la spugna. Nei miei tentativi volevo portare il ragionamento dalla semplice dispensazione del prodotto alla formazione di “gruppi di vendita”, poi qualcuno mi ha copiato la definizione ma nessuno è ancora riuscito a metterli in pratica. Qualcuno ha confuso questa mia idea con la necessità di realizzare opuscoli pubblicitari con tagli prezzo, ma evidentemente non ci siamo.

Esistono un’infinità di servizi utili, pratici e che porterebbero a significativi vantaggi economici e d’immagine per la singola farmacia, se realizzati da un gruppo di colleghi. Eppure, ancora oggi, sento parlare da qualcuno che vorrebbe costituire nuovi gruppi d’acquisto tra venti-trenta farmacisti, quando perfino le cooperative della distribuzione intermedia con ottocento clienti stentano a fare mercato.

Siamo ancora fermi, non abbiamo ancora compreso che lo sviluppo economico commerciale delle nostre aziende lo possiamo ottenere solo se iniziamo a guardarci attorno e a promuovere idee nuove, a copiare dai più bravi se necessario.

Siamo rinchiusi nel nostro modo di vedere la farmacia e non ci accorgiamo che tutto attorno a noi è cambiato.

Il cambiamento non risiede nell’immagine del nostro passato, quella è solo un grandissimo vantaggio che ci è stato donato e che ha dato valore alla nostra professione, una posizione che deve essere sfruttata e rappresentare il punto di partenza. Confido molto nei giovani farmacisti, sperando che non siano stati troppo contaminati dai vecchi, perché purtroppo per loro, oggi la laurea non rappresenta più un punto d’arrivo.

Se le farmacie si unissero davvero (pur nelle loro individualità) con l’intento di produrre iniziative realmente nuove, interessanti e capaci di dare soddisfazione alle esigenze e alle aspettative della gente, sarebbero una forza e probabilmente scoraggerebbero anche molti competitori.

Però spesso manca la fantasia, manca il desiderio di sperimentare nuovi rapporti e le difficoltà hanno il sopravvento sull’entusiasmo. Siamo ancora troppo ancorati alle impostazioni del passato per trovare il divertimento di essere spregiudicati e rivoluzionari. Allora arriva lo scoramento, il grigiore della quotidianità e ci viene meno l’entusiasmo necessario per essere coinvolgenti.

Da qui è nata una proposta agli ideatori di farmaciavincente.it. Perché non proporre ai lettori di formare una squadra, una banda di innovatori e volonterosi stanchi della solita minestra. Stimoliamo incontri più che corsi, diversi dal solito, dove non ci sia il relatore da un lato e chi ascolta dall’altro; non più una partecipazione semplicemente interattiva, ma una sorta di condivisione di idee per un futuro nuovo e strabiliante. In tutto questo io vorrei svolgere solo il ruolo di moderatore (ma nemmeno troppo), perché i protagonisti non sono i partecipanti, non sono gli organizzatori e non sono nemmeno io che parlo, ma sono le idee capaci di provocare un nuovo modo di essere e fare farmacia.

Per capire forse un po’ meglio cosa intendo, ho anche scritto un nuovo libro, intitolato “il pentagramma del farmacista”, che sarà presto disponibile su questo blog per chi sarà curioso di leggermi. E’ una carrellata di esempi, aneddoti ed esperienze che portano al nuovo modo di lavorare, così come lo intendo io. Mi piacerebbe se proprio da esso partisse l’idea di una nuova banda di scalmanati capaci di creare novità nel nostro settore.

di Paolo Piovesan

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