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Poi non dite che non ve l’avevo detto!

C’è chi tra noi desidera ricevere indicazioni generiche o standardizzate, quelle che ti dicono come deve essere la farmacia in termini assoluti. Così ad esempio in passato c’era chi proponeva, come soluzione valida per tutti, la famosa “esposizione orizzontale”, la grande novità del nostro settore che avrebbe contraddistinto le moderne farmacie…ma altro non era se non la copia di quel che già facevano gli ipermercati, con qualche piccolo ritocco. Con questa innovazione però, le aziende risparmiavano sulla standardizzazione dei moduli d’arredo, i consulenti che venivano dalla grande distribuzione sembravano dei “mostri sacri”, le riviste di categoria (sponsorizzate) lanciavano indagini infallibili di marketing commerciale e le farmacie investivano in prodotti tutti uguali tra loro. Io queste falsità non le accetto, preferisco dire chiaramente quando scopro che di “novità” c’è poco e quando dobbiamo stare attenti, anche se ciò magari mi può costare un rapporto di collaborazione. La farmacia standardizzata per me non esiste, ognuna è diversa dall’altra (anche se vicine tra loro) per organizzazione interna, per predisposizione, per fattori esterni logistici e di mercato. Come potrei proporre una ricetta che sia uguale per tutti? Io non ce l’ho.

Allo stesso modo trovo pericoloso seguire ciecamente i flussi delle mode e delle medie nazionali. Fino a pochi mesi fa, c’era chi esaltava le farmacie di grandi dimensioni che dovevano essere riempite di prodotti e commercialmente aggressive per riuscire a competere con la nuova concorrenza (e oggi, magari sottovoce, queste persone si stanno ricredendo).

Io non voglio dire che avevo ragione quando parlavo della necessità di ricercare la caratterizzazione, la specializzazione e le prestazioni professionali (in sostituzione ai più comuni servizi), forse semplicemente non individuavo il successo nella massificazione dell’offerta e non credevo nella forza commerciale del singolo di fronte ai colossi dell’imprenditoria. Ma chi si presentava in farmacia sospinto dalle multinazionali vendeva altri concetti, all’apparenza più ovvi e forse meno faticosi. Per me i dati servono invece come punto di partenza per comprendere il posizionamento di ciascuno, ma poi credo più alle opportunità di crescita che risiedono nelle predisposizioni al cambiamento del manager, nella volontà di sperimentare nuove e diverse strade e nelle capacità di un continuo adattamento alle nuove richieste. Così, anche la cabina estetica come risposta alla farmacia dei servizi, trovo che non possa essere la soluzione valida per tutti.

Ci sono professionisti molto rassicuranti, sempre vestiti in giacca e cravatta, che individuano soluzioni con assoluta certezza…salvo poi, se le cose non vanno come previsto, dire che è sicuramente perché il farmacista non li ha seguiti e quindi non capisce niente. Io credo invece che il consulente debba partecipare. Ho il difetto di appassionarmi ai miei clienti, gioisco con loro per i successi e soffro per loro quando le cose non vanno bene come sperato (perché può succedere). Le mie farmacie non sono numeri ma sono persone con le quali collaboro, che mi entrano in testa e che mi fanno pensare a nuove soluzioni durante la notte, sono quelle aziende che hanno un titolare capace di entusiasmarmi e talvolta commuovermi. Quando provo a fare la persona impostata e distaccata, che deve far pesare gli oltre venticinque anni di lavoro nella consulenza, finisco inesorabilmente per tornare quasi subito a essere me stesso, quello che vuole capire per riuscire a mettersi a fianco (proprio come dovrebbe fare il farmacista quando esce dal banco) del cliente e trovare assieme la soluzione migliore. Amo anche essere sempre chiaro nel definire per chi lavoro, perché trovo avvilente riuscire a farsi pagare contemporaneamente dal titolare di farmacia e da una ditta sponsor che utilizza il consulente per veicolare suggerimenti mirati.

Ho una gran fortuna (che in taluni casi è però stato anche il mio limite): oltre ad aver lavorato per l’industria, per la distribuzione intermedia, per le associazioni di categoria e per le farmacie, ho anche una mia farmacia e questa situazione mi aiuta a comprendere meglio molte dinamiche. Forse però sono il raro caso di oste che non afferma che il suo vino è il migliore, perché le verità assolute non esistono e le certezze oggi si sgretolano costantemente, però credo di essere differente perché non sopporto le ovvietà a costo di essere provocatorio. Ma ritengo che mettere in guardia i colleghi sia un mio dovere piuttosto che indirizzarli su facili percorsi già battuti.

di Paolo Piovesan

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