Tecniche e psicologie di vendita
Un collega mi scrive di aver letto un mio articolo dove parlo sia di tecniche di vendita sia di psicologie di vendita. Ha ragione a chiedere la differenza, io erroneamente davo tutto per scontato e nella comunicazione non bisognerebbe mai farlo.
Allora, siccome sembra davvero che ci sia interesse per quello che scriviamo su questo blog, provo a impegnarmi maggiormente per cercare di essere ancor più chiaro sui miei pensieri, come sempre utilizzando alcuni esempi comparativi che spero riescano a mettere meglio in luce la differenza tra le due definizioni.
In linea generale le tecniche di vendita sono quelle azioni che si mettono in pratica seguendo precise regole del marketing e della comunicazione. Queste regole fondano la loro esistenza sulle nostre reazioni agli stimoli esterni, quindi su aspetti psicologici, però studiano i comportamenti delle masse per fornire modelli di applicazione generalizzati (visual merchandising, vetrinistica, comunicazione interpersonale, ecc.)
Ci si tuffa invece più nella psicologia di vendita quando si entra nel personalizzato.
Ciò che intendo con psicologia di vendita (non me ne voglia Maria, la vera psicologa di farmaciavincente, non intendo assolutamente rubarle il mestiere e il chiarimento di quest’articolo rimane solo un mio pensiero) è quindi il tocco personale che ciascuno è in grado di apportare al rapporto empatico col singolo cliente. Sto parlando della capacità di immedesimarsi nelle esigenze del singolo per arrivare a offrirgli una vendita personalizzata, assolutamente calzante sulle sue aspettative.
A volte, infatti, pur rispettando tutte le regole della tecnica, la differenza vincente è determinata da una parola in più, da uno sguardo o da un tocco. Altre volte si tratta invece di dedicare quei trenta secondi di ascolto che altri non reputano importanti, oppure di impostare il proprio volume e ritmo delle parole in maniera tale da entrare in sintonia con ciò che quella persona è in grado di ricevere. Per fare questo occorre una sensibilità psicologica.
Vi è mai capitato di aver a che fare con rappresentanti competenti e veri conoscitori del loro listino, ma che non si accorgono del vostro stato d’animo, delle vostre distrazioni e dei vostri interessi continuando a parlare imperterriti magari sempre con lo stesso tono di voce? Ecco, questo è l’esempio di ciò che intendo con differenza tra tecniche (competenza) e psicologie (attenzioni) nella vendita.
Per inciso, io quando mi ritrovo queste persone davanti, raramente concludo un ordine, proprio perché non sono ben riuscito a seguire una presentazione che pur essendo efficace nel mix professionalità-competenza mi lascia disorientato dal punto di vista dell’empatia, mi confonde e quindi preferisco lasciar perdere o rimandare.
Non è facile. In molti casi la differenza tra l’applicazione efficace di una tecnica e il fallimento di un rapporto è solo questione di riuscire semplicemente a dedicare un minimo di attenzione in più a chi ci sta di fronte. Occorre allenamento nella gestione dei rapporti, serve passione per il proprio lavoro ed è necessario nutrire rispetto per l’interlocutore.
La sensibilità in parte è innata e in parte si acquisisce, ma una formazione specifica rimane comunque necessaria alla base e a tal proposito vi invito a richiedere a farmaciavincente di organizzare un corso con Maria (la psicologa), capace di insegnarci come poter capire le persone che ci stanno di fronte e come poterle così affrontare in una relazione maggiormente empatica. E’ un corso che pochi propongono, forse sottovalutato tra i mille impegni della nostra categoria, ma poiché la vendita creativa sta divenendo sempre più esigenza per le nostre farmacie (perché è di questo che stiamo parlando, di nuova creatività), direi che alcune nozioni costituirebbero una formazione indispensabile indipendentemente da qualsiasi credito ECM che vi possa essere elargito.
E adesso, come sempre, esempi: così cari a tutti noi e così potenti nello spiegare meglio, più di tante parole, le mie idee in merito all’argomento di questo post.
– La buona esposizione merceologica è sicuramente una tecnica di vendita vincente, agevola le scelte, propone l’offerta e stimola gli acquisti. Può capitare però che finché il cliente attende il proprio turno e osserva ciò che avete esposto, voi notiate una certa impazienza nonostante tutto sia evidenziato correttamente; provate allora a passargli vicino con un pretesto e dirgli semplicemente le parole “tra un attimo sono tutto per lei” (proprio come fanno i camerieri al ristorante quando sono di corsa tra i vari tavoli). Se poi avete un po’ di confidenza con questa persona (ma solo a questa condizione), a volte è sufficiente anche un piccolo sfioramento della sua mano o un leggero tocco della sua spalla, in aggiunta al vostro immancabile sorriso spontaneo. Vedrete come cambierà il suo atteggiamento e la sua predisposizione all’attesa.
– Altro caso. Come ho già scritto in precedenza, per vendere un prodotto più costoso rispetto a un altro, è opportuno presentarlo per primo (tecnica), enfatizzandone benefici, vantaggi e caratteristiche. Poi solo se il cliente richiede espressamente qualche cosa di più conveniente, si può estrarre dal cilindro il prodotto B facendo ben notare come però quest’ultimo non possieda le medesime caratteristiche e anzi, proprio per questo motivo (psicologia) non lo avevate presentato in prima battuta a una persona alla quale avevate riservato qualcosa di meglio.
Però, come ho potuto dimostrare in occasione di mio recente corso a Roma, si può anche studiare per talune tipologie d’offerta, il metodo che generalmente viene utilizzato da altri per venderci prodotti tecnologici (macchine fotografiche, telefonini, ecc.) o anche le stesse automobili. In cosa consiste? Nel dare l’illusione all’acquirente di scegliere.
Quindi, vi interessa vendere il prodotto A che costa dieci euro, poi avete il solito prodotto B che ne costa solo cinque e allora provate a mettere al loro fianco un terzo prodotto C che costa quindici euro, ovviamente con qualche caratteristica leggermente superiore. Nel caso dell’automobile…ma solo per esemplificare schematicamente: B con climatizzatore manuale, A con clima automatico e sensori di parcheggio, C anche con telecamera posteriore (che generalmente sappiamo servire relativamente ma che è di moda e conferisce l’idea di maggior sicurezza riservata solo per poche vetture). Quasi certamente la maggior parte delle persone sceglierà l’opzione A: non sarà quella top ma non impegna nemmeno in una spesa che potrebbe poi causare facili rimorsi; in fin dei conti, scegliendo A non ci siamo nemmeno accontentati dell’opzione più scarna che veramente ci offriva qualcosa di basilare.
Ma la cosa più interessante di questa tecnica è che i clienti saranno convinti di aver scelto loro il prodotto migliore in funzione del rapporto qualità/prezzo (soddisfazione = psicologia), mentre in realtà la loro decisione è stata in qualche modo indotta da una precisa strategia (tecnica) di vendita.
– Ancora. Se organizzate un corso (esempio sulle applicazioni di make-up) per i vostri clienti, fatelo all’interno della vostra farmacia. Ora non sto qui a dirvi come lavorare sul contesto dell’organizzazione, ovvero i dettagli sull’opportunità di offrire eventuali pasticcini o caffè. E’ invece importante che non siano invitate troppe persone ma nemmeno che ci siano troppo pochi partecipanti; direi che il numero ideale va dalle dieci alle venti clienti. Voglio poi focalizzare la vostra attenzione sull’importanza che a fine corso si possa anche realizzare la vendita dei prodotti che sono stati utilizzati nella spiegazione e anzi, solo per gli intervenuti, è importante che riserviate uno sconto nel caso i prodotti siano acquistati in quel momento. A questo punto può essere inserita la “trappola” psicologica: tra gli intervenuti al corso c’è un vostro complice che a fine corso decide di aderire entusiasticamente alla vostra offerta. State sicuri che le possibilità di moltiplicare le vendite sarà virale. Un po’ perché le persone saranno state convinte dalla spiegazione durante il corso, un po’ per l’opportunità economica, un po’ perché si sentiranno quasi in dovere per ringraziarvi dell’attenzione manifestata con l’invito e un po’ perché…se li ha acquistati il mio vicino, io che figura ci faccio? E’ quello che io definisco “effetto chiesa”: vi siete mai posti la domanda del perché durante la messa domenicale c’è qualcuno che passa a raccogliere le offerte dei fedeli? Non sarebbe più semplice mettere una cassetta in fondo alla chiesa e dire della sua presenza per tutti quelli che volessero contribuire alle spese o alla beneficienza? E invece no, c’è qualcuno che passa tra i banchi, e adesso avete anche capito il perché.
In conclusione, in un momento di esubero dell’offerta e di forte concorrenza, spesso sono i dettagli che fanno la differenza tra una proposta e l’altra, tra un negozio e il suo concorrente, tra un collaboratore efficace e uno semplicemente competente.
Sono questi dettagli che tutti noi dovremmo approfondire per completare la nostra formazione, perché ormai per mantenere efficiente un’impresa come la farmacia moderna non è più sufficiente essere professionisti…al pari di tutti quelli come noi che sono sfornati ogni anno dalle nostre università.
di Paolo Piovesan
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